I giganti di big tech he sempre proclamato e difeso la totale libertà del web e la non responsabilità delle piattaforme circa i contenuti diffusi.
Ora, da liberi tutti e più urlano più fanno impression, tolgono la corrente al presidente Trump – prima a intermittenza, FB e Twitter – e poi definitivamente (chiuso il il suo account Twitter, che ha 88 milioni di follower).
Uscendo totalmente dal caso specifico (la politica non è tema di discussione digitale, ma il funzionamento degli strumenti si) ma stando sui fatti, succede che il mondo sta parlando di Parler, che però si è visto scagliati contro Google e Apple (e pare anche Amazon), brandini da niente, tanto per dire.
Il tutto mi porta a qualche considerazioni che condivido con voi.
Chi, cosa e infine come si possa/debba stabilire cosa è lecito comunicare, soprattutto questo ruolo di grande giudice è ragionevole che sia nelle mani di una società privata?
Inoltre, il privato di turno – che non ha avuto nessun tipo di legittimazione politica (anche se per la verità anche molti governi non godono di questa condizione) non è nemmeno tenuto a spiegare come è arrivata alle sue decisioni nè a offrire al membro messo al bando (il “bannato”) la possibilità di un ricorso in appello.
E’ così e basta.
Senza fare dietrologie e fantapolitica, cosa che non sarebbe inoltre nelle mie limitate possibilità di analisi e astrazione, sarebbe ancora peggio se dovesse emergere una sorta di concertazione fra “quelli che contano” e che di fanno gestiscono monopoli digitali.
Oggi parliamo di Trump, ma quando Twitter analizza post e giudica in modo arbitrario anche se legittimo (stante i regolamenti della piattaforma accettati dagli utenti) che nel contesto contengono messaggi “ pericolosi”, ci sta dando un segnale molto forte e chiaro, a cui prestare attenzione.
Al di la delle considerazioni a cui ciascuno di noi giungerà.
COSI’ E’, SE CI PARE.
Oppure, se non ci garba, come dico sempre, andiamo altrove: questa è libertà.